Le mie giornate in quarantena

Questo è uno dei primi posto in cui andrò. Siracusa.


Negli ultimi due anni ho letto pochissimi libri, praticamente nessuno. Ecco, diciamo così, ho iniziato a leggerne un po’ e non sono mai andata oltre le prime dieci pagine. E ho scritto altrettanto poco. Che poi se mi chiedo cosa ho fatto per aver avuto così poco tempo non lo so. So però che avere due bambini alla scuola primaria ti toglie tempo, ma soprattutto energie.
Quale momento migliore per iniziare a scrivere se non quello di una quarantena? Non voluta. Non cercata.
Ho deciso di scrivere ogni giorno fino alla fine e spero di farvi un po’ di compagnia.
Mi trovo a Catania, al quarto piano di un condominio. Con due bambini e due nonni. I miei genitori si trovavano da me nel momento in cui è stato comunicato il blocco di tutto, “Tutta l’Italia è zona rossa”. Ho pianto. In quel momento il mio unico pensiero era rivolto al mio compagno che vive a Roma. E ancora oggi mi chiedo quando lo rivedrò. Ho però subito ridimensionato il mio dispiacere di quel momento perché ho preso consapevolezza del grave problema che la mia Italia sta vivendo e mi son detta che l’obiettivo è quello di arrivare sani e possibilmente vivi alla fine di queste restrizioni. Già, vivi. Quante volte abbiamo scherzato sulla morte? Adesso sembra temibile realmente per tutti.
Ma siamo uomini, dotati di speranza. Non sono credente, ma ieri papa Francesco mi ha tanto fatto riflettere “nessuno si salva da solo”, chi con Dio, chi gli uni con gli altri, chi con un altro dio, chi semplicemente con la speranza.
E' anche per questo che ho deciso di scrivere su questo mio spazio, per me, ma anche per chi so che attendeva questi miei post.

Dicevo, mi trovo a Catania, non ho un giardino e a dire il vero c’è brutto tempo e quindi non viene nemmeno voglia di uscire. Ma ho una grande fortuna, da casa mia vedo tutto il Golfo di Catania, nelle belle giornate vedo tutta la Sicilia, da Catania a Portopalo. Che fortuna! Lo so. Vedere i colori del mare, già mi bastano per sentirne l’odore, per immaginarmi lì vicino, con i piedi nudi sulla spiaggia.

Io sto ancora lavorando, non tutti i giorni, mi alterno con il mio collega, siamo solo in due a gestire un centro commerciale e finchè restano aperte le attività necessarie noi dobbiamo garantirne il perfetto funzionamento. E invece si sono rotte le macchine del riscaldamento. Proprio ora che è tornato il freddo, proprio ora che non lavora quasi nessuno dei manutentori.
Quindi, i giorni in cui non lavoro sono in ferie forzate, il che vuol dire che quest’estate i piedi sulla sabbia me li scordo. Ma non mi lamento. Ho un lavoro e me lo tengo molto stretto. Se il sacrificio è solo quello di perdere le ferie, ci sto. Ma non toglietemi il mio lavoro, la mia unica entrata sicura.
Ammetto che il giorno in cui tocca a me lavorare mi sveglio felice. E pensare che prima del coronavirus, quando pensavo di dover andare a lavorare, mi svegliavo depressa.
Come cambiano le cose.
Quanto mi piace truccarmi, vestirmi, mettermi le scarpe, un rossetto e prendere la macchina. Vorrei che il tragitto durasse almeno 20 minuti e invece dura il tempo di una canzone e mezza.
Quando invece non lavoro alzarsi dal letto per me è dura, non trovo le forze psicologiche per farlo. Non trovo le motivazioni, allora telefono al mio amore lontano. Amo la sua voce,  è stata la prima cosa che mi ha colpito e ancora oggi amo sentirlo parlare, soprattutto al telefono. Mi fa sorridere e questo già mi basta per trovare le motivazioni giuste.
Per forza di cose comunque devo alzarmi, ho due bambini!
Colazione, sistematina a tutta la casa e compiti.
 Oramai la didattica a distanza è diventata una certezza. All’inizio la delegazione delle mamme è impazzita, il mio cellulare si scaricava ogni due ore, tra lamentele, imprecazioni e chi più ne ha più ne metta sui vari gruppi.
Adesso non scrive più nessuno, o i compiti le hanno tramortite o hanno ingranato. Noi abbiamo ingranato. Aspettiamo i compiti delle maestre con ansia, non vediamo l’ora. La giornata è molto lunga e per loro è un momento concreto di studio che gli da stabilità.
Il resto della giornata invece è improvvisazione, ma sta riuscendo bene!
Io all’inizio ho temuto tantissimo la convivenza forzata con i miei genitori. Ho avuto davvero paura ad affrontarla, io sono molto indipendente e amo la mia libertà, ma pazzesco, mi è venuta fuori una pazienza e una compassione mai avute prima. E mi hanno aiutato.
Per oggi vo lascio così, con un riassunto generico. Domani vi racconto di più delle nostre giornate: Netflix, musica, cucina, sport, passioni e amori.
Non pensate chissà a quanto sport io faccia. Ho l’orologio al polso che mi conta i passi che non mi manda nemmeno più i messaggi di incoraggiamento. Sono passata da una media di 7000 passi al giorno a 1900, quando vado a lavoro. Ho detto tutto. Ma ogni tanto faccio qualcosa con l’amaca. Ah! E mi sono pure messa a dieta.
Perciò, se vi va ripassate pure domani da qui, che facciamo quattro chiacchiere.



Commenti

  1. Mettersi a dieta in questo periodo è veramente difficile, complimenti!

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